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Nel “contrasto” tra Governo e Corte dei conti chi consiglia il Ministro Fitto? Nessuno!

di Salvatore Sfrecola

Da quando giornali e televisioni si occupano del “contrasto” tra Governo e Corte dei conti, a proposito dello stato dei progetti finanziati a carico del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), io mi chiedo chi abbia consigliato il Ministro Raffaele Fitto a fare le dichiarazioni con le quali ha ritenuto di addebitare alla Corte dei conti una “indebita invasione di campo”. E sono giunto alla conclusione che la valutazione critica sia farina del suo sacco, come si dice. D’altra parte, avendo nominato capo dell’Unità di missione un illustre magistrato della Corte de conti, il Presidente di Sezione Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, è impossibile ritenere che con lui si sia consigliato nel decidere le sue “esternazioni”. E che lo abbia ripetuto, come altri componenti del Governo, è grave. Non era mai accaduto che un membro dell’Esecutivo assumesse una tale posizione. I contrasti in punto di diritto, infatti, la Corte dei conti è controllore della legittimità, sono stati sempre risolti sulla base di un confronto professionale tra i magistrati contabili addetti alla competente sezione ed i collaboratori dei ministri. La soluzione si è sempre trovata nello spirito di collaborazione che istituzionalmente caratterizza il ruolo della Corte dei conti. Che, nel caso di cui si discute, esercita un controllo “concomitante”, adottato da altre istituzioni di controllo, ad esempio la tedesca, che ha la funzione di evitare che l’amministrazione operi in modo irregolare o illegittimo ed assicurare con celerità gli adempimenti richiesti.

Cosa dice la Corte dei conti con la deliberazione n. 17 del 26 aprile scorso che ha provocato la reazione del Ministro? Segnalava che, in relazione ad un progetto del Pnrr volto a realizzare stazioni di rifornimento a base di idrogeno per il trasporto stradale la milestoneintermedia, prevista dal piano come obiettivo minimo, prevede l’aggiudicazione al 31 marzo 2023 di appalti pubblici relativi ad almeno 40 stazioni. La deliberazione della Corte dei conti ha accertato il mancato conseguimento della milestone così motivandolo: al 31 marzo 2023 risultano ammesse a contributo 35 proposte per un importo totale pari soltanto a circa la metà delle ingenti risorse autorizzate dal Pnrr; questo fallimento dell’obiettivo minimo era già stato paventato, sia dallo stesso ministero attuatore (che, in sede di istruttoria compiuta dalla Corte dei conti, aveva ammesso che il progetto presentava molteplici “criticità”), sia dallo stesso Esecutivo (che aveva confermato tali criticità nella seduta parlamentare del 26 Aprile).

L’”indebita invasione di campo”, secondo il Ministro Fitto, deriverebbe dalla convinzione che la verifica del mancato conseguimento della milestone sarebbe una prerogativa spettante soltanto alla Commissione europea e non invece alla Corte dei conti. Questo giustifica l’aggressione all’organo di controllo con minaccia di ridimensionarne i poteri? Ripeto, non si era mai visto.

E comunque è un errore marchiano, come ha spiegato bene il professor Gabriele Bottino, Ordinario di Diritto amministrativo nell’Università degli Studi Milano, in un articolo su Il Sole 24 ore del 12 maggio 2023. Per l’illustre cattedratico l’affermazione governativa è errata in fatto e in diritto. E lo spiega con dovizia di riferimenti:

1. l’art. 22 del dl n. 76/2020 prevede che la Corte dei conti, mediante i poteri di controllo esercitati nella deliberazione contestata, accerti la sussistenza di “gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell’erogazione di contributi”; non si può dubitare – afferma il Prof. Bottino – “che la infruttuosa scadenza di un termine (il 31 marzo 2023), entro il quale doveva essere conseguito l’obiettivo minimo Pnrr, rappresenti un “ingiustificato ritardo” nella spesa preventivata”;

2. Questo “ingiustificato ritardo” – si chiede il Prof. Bottino – si configura come una “grave irregolarità gestionale”? A suo giudizio sì in quanto “non raggiungere obiettivi concordati con l’Unione europea nel Pnrr significa deviare dall’utilizzo della spesa disponibile, e dalla sua efficiente gestione”; tale deviazione e gestione non efficiente – a giudizio del Prof. Bottino – sono entrambe “gravi, poiché le risorse economiche del Pnrr costituiscono prestiti che (utilizzati o non utilizzati) gravano sulle future generazioni, chiamate al rimborso”.

3. L’art. 22 del regolamento dell’Unione Europea n. 241/2021 prevede che gli Stati membri “beneficiari o mutuatari di fondi” del Pnrr debbano adottare “tutte le opportune misure” per garantire il lecito, legittimo ed efficiente utilizzo dei medesimi fondi; tra queste misure ve l’adozione di un “sistema di controllo interno”, che può anche essere fondato sui “normali sistemi nazionali di gestione del bilancio”; l’art. 22 del predetto dl n. 76/2020 ha creato il Collegio di controllo concomitante della Corte dei conti, che si colloca proprio nell’ambito del sistema nazionale deputato a svolgere tale “controllo”;

4. Il Collegio effettua tale controllo in itinere, cioè via via che i progetti Pnrr sono realizzati e si esprime in decisioni che lasciano del tutto impregiudicato l’accertamento che sarà svolto in sede europea; se, ad esempio, i progetti di Pnrr (e le relative milestone) dovessero essere rinegoziate in sede europea, il Collegio provvederebbe al loro riesame, aggiornando le proprie valutazioni secondo le scadenze rimodulate; e ciò in ragione della natura del controllo, definito “concomitante”, vale a dire periodico e ricorsivo.

5. Sempre a norma dell’art. 22 del dl 76/2020 la Corte dei conti deve trasmettere la propria deliberazione alla competente amministrazione (nel caso il Ministero delle infrastrutture dei trasporti); “spetta poi a quest’ultima e non certamente alla Corte dei conti – precisa il Prof. Bottino – valutare se i dirigenti ministeriali siano meno responsabili delle “gravi irregolarità gestionali”, o dei “rilevanti e ingiustificati ritardi nell’erogazione di contributi” e, per conseguenza, accertare le eventuali “responsabilità dirigenziali” (così dispone ancora il testo dell’art. 22 del dl n. 76/20222)”.

6. Va rilevato, per dare un senso concreto al dibattito, che si tratta della prima deliberazione adottata, in questi termini, dal predetto Collegio della Corte dei conti sulle 40 deliberazioni fin qui adottate. Tutte le altre deliberazioni hanno accertato criticità e ritardi “non gravi” “limitandosi a indirizzare rilievi e warning alle amministrazioni deputate alla spesa dei fondi del Pnrr e allo scopo di attivare percorsi “autocorrettivi”.

Una tempesta in un bicchier d’acqua, dunque, come dimostra l’ampia citazione del chiarissimo articolo del Prof. Bottino. E questo deve far pensare. Qual è il vero obiettivo se la deliberazione non era ostativa dell’andamento dei progetti? Intimidire la Corte dei conti in relazione ad ogni altra sua funzione di controllo, anche se formalmente si smentisce? Anche l’ipotesi, formulata da molti, che si volesse individuare nella Corte dei conti un alibi per i ritardi o per la mancata realizzazione di qualche obiettivo appare frustrata. Senza controlli ogni ritardo sarà inevitabilmente addebitato al Governo. E solamente al Governo.

Una mossa maldestra, dunque, dal momento che, ma forse il Ministro Fitto non lo sa e non lo hanno informato, oltre alla Commissione europea interverrà la Corte dei conti dell’Unione che non è mai stata tenera nei confronti di quanti gestiscono denaro dell’Unione. Soprattutto quando, come nella specie, l’eliminazione dei controlli della Corte dei conti costituisce violazione palese delle indicazioni contenute nel regolamento, che abbiamo citato, che quei controlli prescrive.

Grave inadeguatezza, dunque, oltre che gravissimo sgarbo istituzionale. “Non è mai successo”, confida un altissimo magistrato della Corte dei conti.

Sul tema è intervenuta anche l’Associazione Magistrati della Corte dei conti la quale ha manifestato “sconcerto e stupore in merito alle possibili e prossime iniziative del Governo, riportate dagli organi di stampa, volte a ridurre gli ambiti di competenza della magistratura contabile sul fronte del controllo concomitante e a prorogare di nuovo e inopinatamente il cosiddetto “scudo erariale”, introdotto nel 2020, ormai in scadenza”.

L’Associazione, “in accordo con i vertici della Corte dei conti”, ha sempre mostrato disponibilità al dialogo affinché potessero essere introdotte riforme meditate, frutto di una pacata riflessione, per adeguare le forme di controllo, anche giurisdizionale, alle sfide attuali e, allo stesso tempo, garantire che le risorse pubbliche, soprattutto se di provenienza comunitaria, siano ben spese, nell’interesse di tutti i cittadini”.

“Il controllo concomitante – prosegue il comunicato – è stato istituito ai sensi dell’articolo 22 del d.l. n. 76/2020 con il chiaro intento di accelerare gli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale e non di esserne un freno. La norma temporanea dell’art. 21 dello stesso decreto (“scudo erariale”) ha aperto uno spatium di impunità che va a vantaggio del funzionario infedele e di chiunque sperperi le risorse pubbliche”.

L’Associazione, dunque, “ribadisce sin d’ora con forza la preoccupazione per tali possibili iniziative estemporanee, gravemente lesive del principio di autonomia e indipendenza della magistratura, e ripropone l’invito al Governo ad istituire un tavolo di confronto sulle riforme, ritenendo che lo sviluppo del Paese passi attraverso la costruzione di un percorso di legalità, nel quale ciascuno è chiamato a svolgere il proprio ruolo, nel rispetto delle reciproche attribuzioni”.

Da ricordare che la Corte dei conti italiana è attiva sia in ambito INTOSAI (International Organisation of Supreme Audit Institutions), sia in ambito EUROSAI (European Organisation of Supreme Audit Institutions), in materia di lotta alla corruzione e alle irregolarità e frodi, e presiede alcuni Gruppi di lavoro, anche in collaborazione con l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).

Di recente un seminario ha offerto alle magistrature contabili di Italia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna, tutte caratterizzate dalla cointestazione delle funzioni di controllo e giurisdizionali, la possibilità di individuare le necessarie sinergie e di confrontarsi, attraverso lo scambio di esperienze, con i soggetti che tutelano gli interessi finanziari europei, quali Eurojust, OLAF, EPPO, Corte Giustizia UE, Corte Conti UE, nonché con le forze di polizia e gli altri organismi governativi, come il COLAF (Comitato per la lotta contro le frodi), che operano nell’ordinamento nazionale italiano

In particolare, a queste strutture si è da poco unita anche la Procura europea (“EPPO”European Public Prosecutor Office), che assicura l’armonizzazione delle attività di contrasto, in linea con le osservazioni del Parlamento e del Consiglio europeo che potrà anche avvalersi delle disposizioni del d.lgs. 2 febbraio 2021 n. 9, che ha adeguato la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE 2017/1939 in materia di cooperazione giudiziaria rafforzata. Un importante passo avanti nell’attività rivolta a indagare e perseguire i frodatori di provvidenze pubbliche, che ledono gli interessi finanziari comunitari, dinanzi alle giurisdizioni penali nazionali e secondo le relative regole processuali. La cooperazione transnazionale e multidisciplinare, anche in materia di giustizia e sicurezza, consentirà infatti una più efficace garanzia dell’uso corretto del denaro di tutti i cittadini dell’Unione, anche a vantaggio delle future generazioni, aspetto questo più che mai attuale, in considerazione delle cospicue risorse finanziarie che saranno versate ai Paesi membri con il piano Next Generation EU. “Il programma antifrode dell’Unione – ha ricordato il Presidente della Corte dei conti – anche alla luce del Regolamento che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Reg. UE n. 241 del 2021), grazie all’assistenza specializzata alle autorità nazionali nella segnalazione delle frodi o di qualsiasi attività irregolare, potenziata da una forte spinta all’uso di strumenti informatici sempre più avanzati, rafforza l’obiettivo di provvedere alla sicurezza del settore finanziario dell’Unione europea”. Infatti, l’art. 22 dispone che gli Stati membri, nell’ambito dei propri sistemi di controllo, provvedano, con efficacia ed efficienza, al recupero degli importi erroneamente versati o utilizzati in modo non corretto, affidandosi ai loro normali sistemi nazionali di gestione del bilancio”.

Un segnale che le amministrazioni devono cogliere e che ci si augura valga a dissuadere irregolarità e frodi da parte di quanti, per motivi criminosi, pensano di trarre vantaggio dalla pandemia e dalle ingenti risorse mobilitate per la ripresa economica.

Pertanto, l’emendamento del Governo che limita il controllo della Corte dei conti è in contrasto con la indicazione contenuta nel Regolamento dell’Unione. Insomma, è illegittimo.

Questo il quadro istituzionale, l’attacco ingiustificato, come abbiamo visto, alla Corte dei conti è dimostrazione di una grave carenza di “cultura di governo”, cioè di capacità di interpretare il ruolo che un politico assume passando dall’opposizione al Governo del Paese.

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