venerdì, Aprile 19, 2024
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Angelo Buscema nuovo Giudice costituzionale indicato dalla Corte dei conti

di Salvatore Sfrecola

Angelo Buscema è il nuovo Giudice della Corte costituzionale eletto dai magistrati della Corte dei conti, in sostituzione di Aldo Carosi, Vicepresidente della Consulta, che termina il suo mandato a settembre. Buscema,Presidente della Magistratura contabile, ha prevalso in sede di ballottaggio per 7 voti (147 a 140), in una votazione il cui spoglio per la prima volta si è svolto in streaming, su Vito Tenore, Consigliere, già avvocato dello Stato, autore di importanti pubblicazioni sulla Corte e sul pubblico impiego, docente alla Scuola Nazionale di Amministrazione, componente della Sezione giurisdizionale della Lombardia. Nella prima votazione con Buscema e Tenore avevano concorso Fulvio Maria Longavita, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi e Salvatore Pilato.

Figlio d’arte, come si usa dire, il padre Salvatore, anche lui magistrato della Corte dei conti, è stato uno dei massimi esperti di contabilità pubblica, autore di numerose pubblicazioni e di un fondamentale “Trattato” i cinque volumi, Buscema, dopo un’esperienza di funzionario della pubblica istruzione,è entrato nel ruolo della magistratura contabile nel 1981, classificandosi primo nel concorso a referendario. A lungo impegnato soprattutto nelle funzioni di controllo, nel 2011 Buscema è stato designato Presidente della Sezione giurisdizionale regionale del Veneto. Rientrato a Roma ha presieduto le Sezioni riunite in sede di controllo per poi essere nominato Presidente della Corte dei conti dal Consiglio dei ministri, su proposta del Consiglio di presidenza della magistratura contabile.

Nel suo curriculum, oltre ad una giovanile attività di assistente alla cattedra di Diritto pubblico nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Perugia, docenze in vari atenei, relatore in convegni e congressi giuridici, Buscema ha avuto anche un’importante esperienza “sindacale” quale Presidente dell’Associazione magistrati della Corte dei conti. Buscema ha avuto il consenso di quanti lo stimano per le sue doti di equilibrio e di garbo personale e, pertanto, lo hanno ritenuto idoneo alla funzione di componente della Consulta in un momento difficile per la Corte dei conti nei confronti della quale, in tempi di semplificazioni amministrative, si appuntano le accuse, prevalentemente infondate, di chi ritiene che i controlli preventivi di legittimità siano motivo di rallentamento dell’attività amministrativa. Contestualmente la politica ha dato credito al presunto “timore della firma” che alcuni funzionari avrebbero in quanto possibili imputati di danno erariale, cioè di un pregiudizio recato alla finanza o al patrimonio dello Stato o di un ente pubblico. Abbiamo spiegato più volte che il timore dell’imputazione per “colpa grave”, che il Governo si appresterebbe ad escludere, è un falso problema, considerato che la colpa grave è costituita da una straordinaria negligenza nell’esercizio dei doveri propri del funzionario. Se approvata la modifica normativa, inserita nel decreto semplificazioni ed ancora in fase di intese, finirà inevitabilmente per premiare gli incapaci ed i disonesti.

L’uscita di Buscema dal primo piano del Palazzo di Viale Mazzini, sede centrale della Corte, apre la strada ad una nuova presidenza per la quale si fanno già i nomi di Aldo Carosi, che torna dalla Consulta dove ha esercitato con indiscussa autorità le funzioni di giudice, di Luciano Calamaro, Presidente della Sezione Terza centrale d’appello, di Ermanno Granelli, Presidente delle Sezioni riunite in sede di controllo. È probabile che si affaccino anche altri, come Raffaele Dainelli, Presidente della Sezione centrale del controllo di legittimità, e Guido Carlino, Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana. In ogni caso sarà il Consiglio di Presidenza ad indicare il candidato a Palazzo Chigi. Uno solo, come nella tradizione, già comune anche al Consiglio di Stato, con una designazione secca, o una rosa imposta per la prima volta da Matteo Renzi Presidente del Consiglio, di dubbia legittimità costituzionale. Con la “rosa”, infatti, la scelta è completamente nelle mani del Governo che chiede l’indicazione di alcuni normi (il Consiglio di Stato ne indicò ben cinque) per poter nominare chi vuole, gravissima violazione dell’autonomia delle magistrature amministrative, considerato che per la magistratura ordinaria è il Consiglio superiore a nominare il Primo Presidente della Corte di cassazione, e anche tenuto conto che la Corte dei conti è l’Istituzione che esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo ed il Consiglio di Stato è il giudice dei medesimi atti dell’Esecutivo. I consigli di presidenza delle due magistrature hanno accettato la modificazione della prassi della designazione secca dimostrando di non avere il coraggio di difendere fino in fondo il ruolo costituzionale delle rispettive magistrature. Ma “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”, dice Manzoni giustificando Don Abbondio, che era solo un prete, mica un magistrato.

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