domenica, Dicembre 8, 2024
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Covid-19. Qualcuno sapeva o doveva sapere. E prevedere

di Salvatore Sfrecola

Si discute a lungo se il piano anti pandemia c’era o no, se era aggiornato o no. A me piace dire le cose non controverse. In questo caso che quando il 30 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha dato l’allarme epidemia evidentemente non l’aveva accertata il giorno prima. Aveva certamente elementi raccolti da tempo e nei vari paesi, tanto è vero che emerge, di tanto in tanto, che nei mesi precedenti c’erano stati qua e là e ovunque nel mondo casi di persone colpite dal morbo.

Ora il Governo italiano ha un rappresentante nell’O.M.S. che avrebbe dovuto avvertire il ministro della salute che erano in corso accertamenti e, via via, che qualcosa stava emergendo. A questa notizia qualcuno avrebbe dovuto accertare se, nell’eventualità della diffusione del morbo, ci saremmo trovati preparati alla bisogna. Questo non sembra sia avvenuto, anzi il “sembra” è pleonastico se si pensa che il 31 gennaio il Governo, nel deliberare lo stato di emergenza sanitaria per sei mesi, ma poi ha atteso il 23 Febbraio per adottare il primo decreto legge. Nel frattempo, non sembra che qualcuno, a ciò tenuto, abbia fatto una ricognizione della disponibilità di mascherine, di bombole d’ossigeno oltre, ovviamente, delle eventualmente occorrenti strutture ospedaliere. Nessuno inoltre ha fornito indicazioni terapeutiche. Anzi si è sentito dire dai tanti virologi o presunti tali presenti in pianta stabile nelle trasmissioni televisive, che “una cura non c’è” e, più tardi, che si attende il vaccino.

Solo adesso, dopo mesi nei quali si è detto e scritto di tutto, tranne di come curarsi a casa, ovviamente nelle forme più lievi (le broncopolmoniti e le polmoniti batteriche hanno sempre richiesto un ricovero ospedaliero), qualche timida indicazione si sente fare con riferimento ai consueti febbrifughi, a cominciare dall’eterna Aspirina e da un farmaco che, con nome più complesso, in realtà sembra somigliare molto al chinino, febbrifugo noto ai più anziani, con il quale si curava la febbre malarica e ogni altra affezione caratterizzata da una temperatura elevata. Quando ero ragazzo il chinino si vendeva dal tabaccaio, come appresi presto andando a comprare in quella rivendita di generi di monopolio il sale, anche esso venduto dallo Stato. Costava poco, il chinino, e molti lo usavano anche nel ricordo della terapia contro la febbre in uso durante il servizio militare. A quel prezzo disturbava le imprese farmaceutiche, una lobby potentissima, capace di influenzare la politica, i partiti, il governo. Come insegna il famoso caso dell’iva sui farmaci ceduti dalle imprese produttrici alle strutture ospedaliere ad un prezzo non superiore al 50% del prezzo di vendita al pubblico, senza pensare che in quella somma è inclusa l’iva. Così interpretata la norma consentì alle industrie di lucrare indebiti guadagni. Una disposizione interpretativa della legge finanziaria mise fine alla vicenda sollevata dalla Corte dei conti.

Ricordo l’episodio per dire che l’epidemia è un affare per chi produce farmaci e vaccini. Il lucro è ragione di vita per le imprese private ma lo Stato ha il dovere di contemperare interessi privati e pubblici, in ragione delle esigenze della comunità.

Un Governo che non è in condizione di assicurare l’interesse pubblico preminente non è degno di gestire il potere il nome del popolo italiano.

È evidente che una pandemia è una vicenda complessa e molto seria, che richiede conoscenze e determinazione nelle scelte di contrasto alla diffusione del virus. Questo Governo è apparso molto spesso, troppo spesso incerto e promotore di iniziative alquanto dubbie, spesso cervellotiche e inadeguate, che hanno gravemente danneggiato l’economia del Paese e ridotto sul lastrico molti italiani.

L’ho scritto più volte, molte misure sono assurde, altre non spiegate come sarebbe stato necessario, così favorendo, in concorso con l’aggravarsi delle condizioni economiche, la ribellione della gente dinanzi a scelte non che non comprende.

Insomma, non c’è da stare allegri. Una pandemia è cosa seria di per sé ma gli effetti della gravità del morbo sono amplificati dalla inadeguatezza di chi ci governa. È poco ma sicuro, come si dice.

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