giovedì, Marzo 28, 2024
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L’acqua è vita, ma non sappiamo conservarla e distribuirla

di Salvatore Sfrecola

Ieri è stata festeggiata la “Giornata mondiale dell’acqua”, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992, e se ne è ricordata l’importanza nello sviluppo della vita delle comunità, fin dai tempi più antichi. L’uomo, infatti, fin dai primordi, si è insediato lungo il corso dei fiumi, vicino i laghi, per avere la disponibilità di acqua per le esigenze personali e delle attività agricole e zootecniche. I romani si sono distinti per la straordinaria capacità di curare la raccolta e la distribuzione dell’acqua attraverso acquedotti che sono straordinarie opere di ingegneria idraulica. Anche sul piano organizzativo Roma ha rappresentato l’eccellenza. L’acquarius seguiva i singoli acquedotti e si rapportava a Roma con il magister acquarum.

L’acqua come espressione della civiltà. Oltre agli acquedotti i romani curavano ovunque la costruzione di Terme, che erano anche un luogo di incontro e di socializzazione, dove patrizi e plebei potevano frequentare gli stessi ambienti. Quindi erano anche espressione di apertura sociale per l’epoca straordinaria.

L’acqua è un bene di “valore inestimabile: per il cibo, la salute, l’economia, l’ambiente”, ha ricordato il senatore Gian Marco Centinaio, Sottosegretario al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. “L’acqua è vita – ha aggiunto – . Senza, non potremmo sopravvivere e il Pianeta non sarebbe quello che conosciamo. La sua scarsità ha effetti devastanti sull’intero ecosistema. Per questo oggi è fondamentale ricordare l’importanza di un suo uso responsabile e consapevole”. Ed ha aggiunto: “l’agricoltura dipende dall’acqua e negli ultimi decenni il settore si è impegnato ad adottare modelli sostenibili riducendone il consumo. Nonostante questo, sappiamo che bisognerà mettere mano alla rete idrica nazionale per diminuire il tasso di dispersione, così come occorrerà migliorare l’uso delle acque reflue. La siccità – infatti, prosegue Centinaio – si traduce in un enorme danno economico e sociale. E a farne le spese è soprattutto il settore Primario. La sfida che ora abbiamo davanti è quella di adeguare le infrastrutture alle esigenze dell’enorme patrimonio idrico del nostro paese, senza sprecare una goccia d’acqua”.

Sembra elementare, eppure la ricorrente doglianza sulla mancanza di acqua, che in alcuni casi ha danneggiato non solamente l’agricoltura ma anche il turismo, non si è finora tradotto in un impegno dei governi in favore di una sistemazione +della rete idrica che notoriamente perde oltre il 50% della sua portata, un dato assolutamente inammissibile, che dimostra una trascuratezza risalente nel tempo. Eppure noi apparteniamo ad una regione del pianeta ricca di acqua. L’Italia, in particolare, ha ovunque sorgenti di acque pregevoli per le caratteristiche organolettiche che, imbottigliate, sono distribuite ovunque nel mondo.

Se, dunque, manca l’acqua a volte, specialmente nelle estate torride di questi ultimi tempi, la responsabilità è della classe politica che non riesce a programmare e realizzare interventi di captazione e distribuzione delle acque adeguati alle esigenze. Non perdono solamente gli acquedotti, anche le dighe, che dovrebbero realizzare invasi utili alla conservazione delle risorse idriche, sono spesso inadeguate. Inoltre gli invasi un tempo utilizzati per alimentare le centrali idroelettriche sono stati in molti casi abbandonati insieme alle centrali. Con l’effetto di aver privato l’agricoltura del supporto che in estate l’ente gestore degli impianti assicurava ai campi.

L’acqua, infatti, va conservata prima che distribuita e tutti i popoli hanno curato questo aspetto attraverso cisterne e varie opere di grande rilievo per le comunità. Oggi che la tecnologia consentirebbe delle reti più funzionali non se ne fa niente. E se questo è grave in ogni momento è ancor più grave in una condizione di stasi dell’economia che, come insegna la dottrina, richiede significativi interventi infrastrutturali, capaci di mobilitare risorse, anche attraverso il ricorso a massicci prestiti.

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ha un rilevante cursus honorum quale uomo di finanza ha certamente letto Luigi Einaudi, liberale puro, il quale ha descritto nei suoi articoli sul Corriere della Sera in vari momenti della storia d’Italia come i governi, ricorrendo a prestiti interni ed internazionali, anche durante la prima guerra mondiale, abbiano saputo acquisire le risorse necessarie a far fronte alle esigenze, che fossero per gli armamenti o per la ricostruzione delle infrastrutture danneggiate o distrutte dalle guerre. Mi auguro che da palazzo Chigi venga una proposta agli italiani di mettere a disposizione parte dei loro risparmi per ammodernare il Paese, a cominciare dall’acqua.

E gli italiani, ancora una volta, risponderanno generosamente.

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