di Salvatore Sfrecola
Tutti abbiamo assistito in diretta alla sfuriata di Silvio Berlusconi con Ignazio La Russa poco prima che il parlamentare di Fratelli d’Italia fosse eletto Presidente del Senato, senza il voto del gruppo di Forza Italia. E tutti abbiamo letto l’appunto, il “pizzino”, come qualcuno lo ha definito, lasciato sotto gli occhi dei cronisti nel quale si dice che Giorgia Meloni ha un comportamento supponente, prepotente, arrogante, offensivo, che è una persona che non ha disponibilità al cambiamento, “una con cui non si può andare d’accordo”. Ancora uno sfogo che rivela nel vecchio leader di Forza Italia un atteggiamento intollerante, incapace di trattenere l’ira per essere stato contraddetto, così leggiamo su alcuni giornali, rispetto ad alcune richieste di assegnazione di poltrone ministeriali. Diciamo anche, una clamorosa caduta di stile. Forse è mancato al suo fianco Gianni Letta, il “direttore”, come ama essere chiamato colui che è stato, fin dalla discesa in campo del 1994, il consigliere saggio e prudente del leader di Forza Italia.
Sembra che la frattura sia in corso di superamento, tanto che Silvio Berlusconi è atteso nel pomeriggio di oggi in via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia. Sarebbe, dunque, superata quella condizione di contrasto che avrebbe potuto portare a gravi conseguenze per la coalizione di Centrodestra, fino all’ipotesi che, nell’impossibilità di individuare una maggioranza, nel caso FI si sfilasse, sarebbe stato possibile immaginare un Draghi bis, magari sorretto dal voto delle tre componenti di quella che appare ancora l’opposizione alla maggioranza relativa conquistata il 25 settembre. Con la prospettiva concreta di un nuovo scioglimento delle Camere.
È stato grave il comportamento di Berlusconi che non ha saputo mantenere il suo dissenso all’interno dei rapporti con Giorgia Meloni. Il fatto è che il Cavaliere non appare rassegnato alla perdita di consensi che accompagna il suo partito da alcuni anni, da ultimo eroso dalla concorrenza, da un lato di Fratelli d’Italia, dall’altro dal duo Calenda-Renzi che si presenta come ala moderata, centrista dello schieramento politico e, pertanto, appetibile ad una parte degli elettori di Forza Italia.
Silvio Berlusconi, sopravvissuto a vicende giudiziarie, a crisi personali, a problemi di salute, giunto terzo in una coalizione nella quale un tempo, neppure troppo lontano, era primo, ritiene di avere ancora il ruolo di ispiratore e coordinatore del Centrodestra. Un ruolo che evidentemente non ha più. Perché, pur potendo legittimamente ritenersi interprete dell’area moderata e liberale, centrista, o come la fantasia dei politici può definirla, della coalizione costituita da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia non ha compreso che il risultato elettorale ha fortemente spostato l’asse del Centrodestra in favore del partito guidato da una giovane donna, coraggiosa e determinata che non intende venir meno al suo ruolo di leader della coalizione per il quale è stata incoronata dall’elettorato proprio grazie al suo impegno, alle sue iniziative, al piglio che i cittadini hanno premiato, desiderosi di essere rappresentati da chi le loro idee e i loro valori sa proporre e difendere in un agone politico sempre più difficile.
Il Cavaliere non ha saputo cogliere le ragioni del tempo attuale. Avrebbe dovuto esercitare il suo ruolo di leader di Forza Italia con maggiore realismo, come un “padre nobile” al quale si richiede quel tanto di saggezza che lo avrebbe collocato nel Pantheon della politica di Centrodestra alla quale ha sicuramente contribuito da quando ha compreso che, finiti il partito liberale e quello monarchico, si era aperto un varco per un movimento dal vago sapore sportivo, Forza Italia, accanto ad una forza politica il Movimento Sociale Italiano che, divenuto nel frattempo Alleanza Nazionale, aveva attratto personalità, provenienti dalla Democrazia Cristiana e dai partiti liberali e monarchico, di rilievo politico e culturale che l’elettorato avrebbe apprezzato, come effettivamente è accaduto. E così si sono ritrovati in uno stesso governo il cattolico Rocco Buttiglione ed i liberali Domenico Fisichella, Antonio Martino e Giuliano Urbani, per non fare che qualche nome fra i più noti.