di Salvatore Sfrecola
“Alta formazione, pensiero critico e innovazione: Istituzioni AFAM ed università a confronto”. Nella sede di Europa Experience – David Sassoli, nel cinquecentesco Palazzo Venezia, a Roma, a fronte dell’Altare della Patria, si è tenuta nei giorni scorsi una Tavola Rotonda, organizzata dal Prof. Giuseppe Leotta, in occasione della presentazione del Dottorato di Ricerca in Produzione, gestione e management delle arti, dello spettacolo.
Leotta, docente di Diritto delle Arti, del Design, dello Spettacolo e dei Beni Culturali, nel Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, Coordinatore ed animatore del Dottorato di ricerca, ha voluto dar conto del ruolo che hanno le Istituzioni di Alta Formazione Artistica e Musicale quali espressione della cultura e della ricerca e dell’apporto che forniscono al Paese che dell’arte, figurativa e musicale, è da sempre una delle massime espressioni a livello mondiale. Tanto che nel 1999, con la legge delega n. 508 è stato dato alle Istituzioni una struttura più moderna, in qualche modo adeguata alle analoghe istituzioni artistiche mondiali, come messo in evidenza nel corso del Convegno organizzato al Ministero degli esteri, con il patrocinio del Ministro Tajani e del Ministro dell’università e della ricerca, Anna Maria Bernini, in occasione della “Giornata europea della musica”, nel 2024, al quale hanno partecipato i massimi esponenti delle più prestigiose istituzioni musicali, dal Mozarteum di Salisburgo al Conservatorio di Pechino ed altri famosi, da Parigi a Madrid, a Budapest.
Nell’occasione era stato ricordato come i Conservatori e le Accademie sono stati equiparati del tutto alle Università, come luogo di studio e di ricerca, ai sensi dell’art. 33, comma 6, della Costituzione, a mente del quale “le istituzioni di alta cultura, università ed accademie hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Un principio, e la normativa che vi ha dato attuazione, con la quale “si costituisce un sistema unitario di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, presso il quale il servizio di insegnamento svolto non può che avere identica valenza rispetto a quello universitario, attenendo al medesimo livello ed alla stessa categoria culturale”, come messo in risalto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (n. 1673 del 18 marzo 2011).
Conseguentemente il mondo delle Accademie e dei Conservatori rivendica la piena applicazione della riforma del 1999, rimasta inattuata per alcuni aspetti non secondari, come quelli che attengono allo stato giuridico dei docenti i quali continuano ad essere disciplinati dai contratti di lavoro della scuola secondaria di secondo grado, con effetti negativi sull’immagine degli artisti, anche a fronte dei colleghi stranieri. Pensate all’appeal che le nostre istituzioni hanno a livello mondiale e che ne fanno un punto di riferimento di studio e di perfezionamento, non solo con i programmi Erasmus.
Di qui la richiesta di passaggio al regime pubblicistico che equiparerebbe i docenti di Conservatori e Accademie ai colleghi delle università anche dal punto di vista formale, con completamento della riforma del 1999 come ha spiegato la Professoressa Dora Liguori, Segretario generale dell’Unione degli Artisti (UNAMS) in uno studio “sui vantaggi del “Contratto pubblicistico” applicato alla docenza delle Accademie e dei Conservatori di Musica”. In pratica le Istituzioni AFAM rilasciano diplomi “accademici” che sono lauree che, tuttavia, non si chiamano “lauree” come quelle conseguite nelle altre istituzioni in Europa e nel mondo.
Con sullo sfondo di questi problemi “sindacali”, che saranno oggetto del IX Congresso Nazionale Unione Artisti-UNAMS “Accademie, ISIA e Conservatori di musica fra stato giuridico e sperequazione economica”, che si terrà ad Abano nei prossimi giorni, la tavola rotonda moderata da Paola Maria Zerman, Avvocato dello Stato, ha approfondito il tema che il Prof. Leotta aveva indicato, l’apporto che queste istituzioni possono dare quale contributo allo sviluppo della realizzazione del principio di eguaglianza stabilito dall’art. 3 della Costituzione sotto il profilo dell’apporto che offrono alla elaborazione di quel “pensiero critico”, per usare le parole del titolo della tavola rotonda, che è espressione naturale della ricerca, tra l’altro tipica del settore che vive da sempre sperimentazioni ardite le quali hanno fatto dell’arte figurativa e di quella musicale una fucina permanente di innovazioni nell’uso della tecnica e di tutto quanto attiene all’espressione dell’arte figurativa e musicale nel corso dei secoli.
Tutto questo va messo al confronto con l’art. 33 che al primo comma afferma che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, un principio preordinando alla formazione di alcuni principi fondamentali racchiusi nel nucleo forte del nostro sistema costituzionale quale il principio di eguaglianza sostanziale, il principio democratico e il principio pluralista per il quale la combinazione di tali principi fondamentali ottenuta mediante il fattore aggregante rappresentato dalla cultura, che culmina anche in virtù dell’art. 9 nella “Costituzione scolastica”, quale componente essenziale del sistema costituzionale italiano. Grava dunque sulle istituzioni pubbliche il dovere di garantire tanto l’erogazione delle prestazioni didattiche quanto l’accesso ai livelli diversi di istruzione. La Costituzione, infatti, riconosce “l’interesse pubblico al soddisfacimento di bisogni individuali di importanza collettiva, evidentissimo nel caso in cui si tratti di perseguire finalità etico-sociali mediante la cultura del cittadino” (Corte costituzionale 7/67 e 36/58) secondo cui “l’istruzione è uno dei settori più delicati della vita sociale, in quanto attiene alla formazione delle giovani generazioni, le quali, da un lato perché rappresentano la continuità della Nazione, dall’altro perché l’inesperienza dell’età le espone maggiormente, abbisognano di più intensa protezione”.
Ed è certamente nel luogo naturale della elaborazione della ricerca che si esprime il massimo di libertà che nell’art. 3 viene delineato in rapporto al principio di eguaglianza “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” con la conseguenza che la Repubblica si è assunta il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Un’espressione che, come si vede, è comprensiva di situazioni molto diverse, talché non si rinvengono nella giurisprudenza costituzionale pronunce che riguardino il tema della scuola sotto il profilo dell’attuazione dei programmi che devono essere lasciati alla discrezionalità di chi insegna o di chi organizza l’insegnamento.
Per questo suo ruolo altissimo noi dobbiamo evitare di portare nella scuola di ogni ordine e grado l’idea che lì si faccia politica e che questa possa portare anche all’occupazione dei locali. A suo tempo ho partecipato a manifestazioni delle quali sono orgoglioso. Per Trieste che doveva tornare all’Italia, contro la Russia che aveva invaso e massacrato i nostri giovani colleghi ungheresi. Ma mi sono sempre imposto perché le proteste avvenissero fuori della sede istituzionale perché nell’istituto ha luogo un servizio che lo Stato rende ai cittadini pagando professori e bidelli. Per cui se ammettiamo che lo studente possa astenersi dal seguire le lezioni per andare a protestare per qualche cosa non può pretendere di occupare la scuola, di impedire che altri, che non sono d’accordo con lui, seguano le lezioni. Anche se uno solo negli studenti intende entrare a scuola non è possibile che gli sia impedito. Abbiamo tollerato troppo queste cose anche assumendo a carico dello Stato e dei bilanci delle istituzioni oneri spesso gravosi per i danni che sono stati fatti. Quindi il fatto stesso che vengono danneggiate le strutture universitarie o scolastiche degrada la protesta a gratuito danneggiamento di beni pubblici.
Riprendendo il discorso dell’AFAM va ricordata la lunga battaglia per migliorare l’organizzazione delle istituzioni e l’offerta formativa, attraverso una qualificazione continua del corpo docente a cominciare dai primi anni ’70 quando la protesta prese di mira una iniziativa legislativa che, ignorando l’art. 33 della Costituzione, tramutava le nostre Istituzioni di Alta Cultura da Università a scuole secondarie di secondo grado. Fu allora che gli artisti sentirono l’esigenza di creare un movimento spontaneo poi divenuto sindacato, l’UNAMS. Che affrontò l’Amministrazione e le iniziative che assumeva, circolari, decreti ministeriali, provvedimenti incostituzionali che avevano come obiettivo la “secondarizzazione” delle Istituzioni AFAM.
È in questo contesto che l’UNAMS fece ricorso alla magistratura amministrativa (TAR, Consiglio di Stato) ottenendo circa 160 sentenze favorevoli nonché una pronuncia della Corte costituzionale (30/5/91) e del Consiglio di Stato in Adunanza Generale (25/6/92) che consentirono a questa “banda di artisti”, come qualcuno li aveva definiti, di riscuotere l’attenzione del Parlamento.
Ricorderà Dora Liguori che nel 1993, grazie al Ministro della Funzione Pubblica, Sabino Cassese nella finanziaria di quell’anno, l’approvazione di un emendamento attuativo della Costituzione e quindi il riconoscimento che Accademie e Conservatori di musica sono Istituzioni di Alta Cultura unitamente alle Università.
E con questa legge iniziò la ripresa delle istituzioni AFAM. Per attenzione ad un’esigenza culturale evidente? Per alcuni, certamente ma per i più la disponibilità nei confronti di Accademie e Conservatori è stata solo un’operazione di opportunismo politico perché istituzioni non sufficientemente politicizzate dovevano assolvere alla fase liceale per poi lasciare che i nostri studenti, per ottenere una laurea spendibile, s’iscrivessero ai DAMS e alle citate Facoltà.
Se poi, queste Istituzioni non avevano nessuna preparazione alla formazione dei futuri artisti, ebbene ciò, per determinati interessi politici, era cosa di poco conto. Un progetto politico che ha trovato supporto e una comoda sponda nei sindacati ostacolato solamente dall’UNAMS alla quale si deve il disegno di legge di riforma delle Accademie, Conservatori di musica ed ISIA. È stato allora (secondo governo Berlusconi) per iniziativa della Senatrice Maria Burani, con il contributo dell’allora Presidente della Commissione Cultura della Camera, On. Vittorio Sgarbi, all’On. Luciana Sbarbati, alla fine del 1999, fu approvato in Senato il 2 dicembre (relatore il Sen. Asciutti). È la legge n. 508/99.
Ma, come si suol dire: “fatta la legge gabbato lo santo”. Ci furono difficoltà nell’attuazione dei regolamenti previsti dalla legge di Riforma. E dopo oltre 25 anni, i regolamenti approvati sono stati solamente quattro sui nove previsti. Mentre sino al 2018 i diplomi accademici di triennio e biennio sono stati definiti “sperimentali”, ad onta del livello degli studi, della preparazione professionale dei docenti e della stessa storia delle istituzioni.
A sanare questa situazione è prima intervenuto il Governo, che con un decreto del30/9/2009 ha posto il triennio in ordinamento e dopo con la legge n. 228/2012, a rendere equipollenti i diplomi accademici alle lauree universitarie.
È il 2018 che il biennio, grazie anche all’interessamento dell’allora Segretario generale del Ministero dell’Università, Prof. Giuseppe Valditara, viene messo in ordinamento. Da quel momento i nostri titoli, per anni definiti assurdamente sperimentali, venivano riconosciuti sia in Italia che all’estero.
Un successo e un boccone amaro, l’abolizione del comparto autonomo con immissione nel comparto della scuola secondaria di ogni ordine e grado. Una iniziativa dei sindacati, una impropria “coabitazione” fonte di deleterie conseguenze, una graduale riduzione degli stipendi e nessuna speranza di aumenti, possibili solamente in caso di passaggio al sistema pubblicistico, quello che regola le università.
Siamo alle “novità” di questi giorni. Il personale AFAM inserito nel comparto della scuola secondaria è di fatto emarginato, considerati i numeri implacabili, con risultati umilianti. Il personale della secondaria ottiene le somme che il Ministro Valditara ha reperito mentre Conservatori ed Accademie legati al Ministero della ricerca stanno a guardare. L’UNAMS sollecita il Ministro Bernini
E il Ministro Anna Maria Bernini, di ciò, cosa ne pensa? Persistendo questa situazione che registra nessuna speranza economica e normativa, per Accademie, ISIA e Conservatori di musica, il rinnovo del contratto rimane solo una vuota parola, poiché essendo schiacciati sulla secondaria, tale rinnovo diviene un rito vuoto.
Pensando positivo e per concludere – ad opera del Ministro Bernini – con il decreto 470/2024 la Prof.ssa Liguori ricorda una tappa fondamentale: il Dottorato di Ricerca.
C’è ancora da fare. La speranza è da ricercare nel Gruppo Interparlamentare di “Approfondimento delle problematiche legate all’Alta Formazione Artistica Musicale”, presieduto dal Senatore Luca Pirondini, che consenta di raggiungere alcuni sostanziali risultati.
Per tutti i motivi elencati, l’UNAMS, sapendo bene di essere dalla parte del cosiddetto “diritto della ragione”, per la dignità e la storia delle nostre Istituzioni e a supporto ai disegni di legge presentati dai senatori Lucio Malan (Fratelli d’Italia) e Luca Pirondini (5 stelle), ha chiesto giustizia all’ Europa che, nel dichiarare ammissibile il ricorso del Sindacato, ha aperto il cuore alla speranza.
Avversare l’Arte e la Cultura non ha mai pagato. Anzi, al contrario, come dal titolo del libro di Maria Vittoria Marini Clarelli se “con la cultura si diventa grandi” noi italiani dovremmo diventare grandissimi essendo il nostro il “Paese dell’Arte”.
Ne siamo tutti convinti ma occorre un impegno della politica.
